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Tatuaggio? Attenti: 1 su 10 ha reazioni gravi
Oltre metà dei casi diventa cronica e dura oltre quattro mesi. I problemi arrivano fino a reazioni che ne richiedono la rimozione
Tatuarsi può avere conseguenze a lungo termine che vanno aldilà del risultato estetico o del fatto che si siamo fatti incidere il nome dell’ex fidanzato.
Circa una persona su dieci che si è fatta tatuare ha avuto una reazione negativa, tra cui infezioni, prurito, arrossamento e gonfiore. Lo rivela uno studio della Langone University di New York, pubblicato sulla rivista dermatologica Contact Dermatitis. Molte persone analizzate dallo studio hanno avuto complicazioni per anni dopo un tatuaggio.
«Non sono contro i tatuaggi – spiega la dottoressa Marie Leger, autrice della ricerca – anzi penso che alcuni siano belli, ma le persone devono sapere che corrono alcuni rischi».
Lo studio ha analizzato i tatuaggi di 300 persone scelte a caso mentre si trovavano a Central Park a New York. Il 10% di loro ha raccontato di aver avuto conseguenze, alcune lievi, altre importanti. La maggior parte dei problemi era di natura batterica. Sei su dieci di coloro che hanno avuto infezioni hanno avuto una reazione cronica, ovvero che è durata diversi mesi con gonfiore e prurito.
Questo nonostante i tatuatori siano sempre più formati e attenti alle regole. (Ecco come farsi fare un tatuaggio sicuro e come cancellarlo).
“Spesso il problema è un’infezione batterica, ma in alcuni casi quello che abbiamo trovato era sicuramente una allergia all’inchiostro – racconta Marie Leger -, persone che si sono fatte un tatuaggio rosso senza problemi, poi dopo qualche anno ne hanno fatto un altro e all’improvviso entrambi hanno iniziato a prudere e a gonfiarsi”. (Ecco i consigli degli allergologi ospedalieri italiani)
Generalmente i dottori prescrivono dei preparati per combattere il prurito o degli antibiotici quando la situazione è più grave, anche se in alcuni casi è necessario rimuovere il tatuaggio.
Per cancellare ricordi del passato, molti si affidano al laser.
Il nome di un vecchio amore sulla spalla oppure un simbolo che da ragazzi aveva un significato ma, a distanza di anni, non più. Anche se vanno di gran moda i tatuaggi possono stancare e, con il senno di poi, perdere il ‘senso’ che gli era stato attribuito al momento dell’incisione.
Anzi, un italiano su tre si dichiara pentito, stando alle stime enumerate nel corso del 35esimo congresso nazionale della Società Italiana di Medicina Estetica, soprattutto quando il tatuaggio vincola a un passato che non c’è più.
Ed è proprio la voglia di rinnovarsi e guardare al futuro, dimenticando l’ex-fidanzato o maturando una diversa convinzione politica con l’età, che spinge i tatuati a chiederne la rimozione. Metodo di elezione, sicuro ed efficace, è il laser: a eseguirlo è il medico, spesso è necessaria più di una seduta (dipende dalla grandezza del disegno da cancellare), non è doloroso per la pelle ma può essere costoso. A cavalcare questa moda contro-corrente a quella del tatuaggio, il fiorire di proposte alternative per rimuovere i graffiti dal corpo. Al centro dell’attenzione il metodo Skinial, importato dalla vicina Germania e che sta sollevando in questi giorni qualche sospetto.
Tanto da arrivare allo stop del Ministero della Salute e all’avvio di un’indagine sulla presunta efficacia della metodica e, soprattutto, sulla sicurezza del prodotto utilizzato. Si tratterebbe di un liquido a base di acido lattico iniettato sotto pelle che, si legge dal sito dell’azienda che lo commercializza nel nostro Paese, indurebbe il rigetto naturale dell’inchiostro cancellando quindi il tatuaggio. La procura di Torino, con i Nas, cerca ora risposte sugli effetti di questo ‘cosmetico’ (che cosmetico non è, perché si inietta) sulle cellule: se è vero che stimola la produzione di cellule immunitarie, per attivare il rigetto, potrebbe anche essere causa di necrosi e infezioni.
Fonte: Oksalute
 
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